Quali sono le componenti che incidono nei fattori di rischio nell'allevamento tradizionale

Con la tecnologia che in ambito dell'agricoltura e dell'allevamento ha compiuto negli anni passi da gigante, naturalmente anche la zootecnia ha subito una profonda trasformazione.

La separazione degli animali dall’azienda agricola tradizionale apre la via ai mega-allevamenti intensivi, senza terra, nei quali migliaia di capi sono costretti in spazi sovraffollati, nutriti con cereali e leguminose provenienti da colture intensive dove regnano concimi chimici, diserbanti e pesticidi. Agli animali vengono somministrate massicce dosi di sostanze farmacologiche come antibiotici e sulfamidici per il controllo preventivo delle malattie, tutto questo reso necessario dalle condizioni di sovraffollamento ed estrogeni, stimolatori di crescita e dell'appetito, al fine di ottenere la massima produttività.

Tutti ingredienti l cui residui rimangono presenti nelle carni, con rischi di diversa natura per i consumatori.

L’uso di farine animali nei mangimi per erbivori, un vero nonsenso, ha portato al diffondersi della BSE, la cosiddetta "mucca pazza”, ma non è stato il solo caso drammatico. Ricordiamo Ia presenza di olii minerali residui di lavorazioni industriali nei mangimi destinati ai polli che, nel 1999, ha dato luogo in Belgio al clamoroso scandalo del ”pollo alla diossina”. Per motivi del tutto analoghi anche la moderna piscicoltura si presta a forti critiche. Questi più che giustificati allarmi, molto intensificatisi in tempi recenti, hanno sollecitato un orientamento verso criteri di coltivazione che salvaguardino la salute e l’ambiente.